Un po’ di tutto per tutti    

 

Santa Bernadette e le apparizioni di Lourdes

Bernadette Soubirous nasce a Lourdes il 7 Gennaio 1844, era una fanciulla di appena 14 anni, quasi analfabeta e povera in tutti i sensi, sia per le scarse risorse economiche di cui disponeva la famiglia, figlia primogenita di un mugnaio rovi nato, la cui estrema povertà lo farà gettare in carcere, essa vive, passando da un tugurio all'altro, fino al Cachot. Cono sce la malattie, la fame, l'esclusione, l'incertezza del domani, il disprezzo da parte di coloro che hanno tutto. Sa appena leggere e scrivere, ha una salute estremamente malferma che, con i suoi continui attacchi d’asma, non le permetteva di respirare. Come lavoro pascolava le pecore e l’unico suo passatempo era la corona del rosario che lei recitava quotidianamente trovando in essa conforto e compagnia. L'amore dei suoi e la fede in Dio la fanno camminare a testa alta per le strade di Lourdes. Nel cuore di questa realtà, Bernardetta fa l'esperienza inaspettata dell'incontro con "la Signora di Massabielle". Dio le dà di conoscere il Suo Amore che sconvolge l'ordine stabilito dagli uomini: nel momento in cui tutti quelli che sanno tutto e che detengono il potere, Egli va a cercare una ragazzina che non capisce neppure il france se. Eppure fu proprio a lei che la Vergine Maria si presentò con quell’appellativo che la Chiesa aveva, appena 4 anni prima, proclamato come dogma: Io sono l’Immacolata Concezione, le disse durante una delle 18 apparizioni che Bernadette ebbe in quella grotta vicino Lourdes, il suo paese di nascita. A lei la Vergine disse non ti farò felice in questo mondo, ma nell’altro;  per la veggente cominciò un cammino di sofferenza e persecuzione che l’accompagnò fino alla fine della sua vita. Non ti farò felice in questo mondo... Non scherzava la Signora. Bernadette fu presto vittima di sospetti, prese in giro, interrogatori, accuse di ogni tipo, persino dell’arresto. Non veniva creduta quasi da nessuno: possibile che la Madonna avesse scelto proprio lei?, si diceva. La fanciulla non si contraddiceva mai, ma per protegger si da tanto accanimento le fu consigliato di rinchiudersi nel Monastero di Nerves. "Sono venuta qui per nascondermi" affermò nel giorno della sua vestizione ed evitava con cura di cercare privilegi o favori solo perché Dio l’aveva scelta in modo del tutto diverso dalle altre. La sera del 7 Luglio 1866, Bernardetta varca la soglia di Saint-Gildard, Casa Madre della Congregazione delle Suore della Carità di Nevers, che aveva conosciuto all'Ospizio di Lourdes, e intraprende così il cammino evangelico proposto dalla Congregazione che ha scelto. Ma anche in convento Bernadette dovette subire una serie continua di umiliazioni e di ingiustizie, come lei stessa attesta nel suo Testamento: "Grazie per aver colmato di amarezza il cuore troppo tenero che mi avete dato, per i sarcasmi della Madre Superiora, la sua voce dura, le sue ingiustizie, le sue ironie e per le umiliazioni, grazie. Grazie di essere stato l’oggetto privilegiato dei rimproveri, per cui le Sorelle dicevano: Che fortuna non essere Bernadette!". Questo era lo stato d’animo con cui ella accoglieva il trattamento che le era toccato in sorte, compresa quell’amara affermazione che aveva sentito dire dalla superiora quando il vescovo stava per assegnarle un incarico: "Che cosa vuol dire a costei che è buona a nulla?". L’uomo di Dio, per niente intimorito rispose: "Figlia mia, poiché siete una buona a nulla vi dò l’incarico della preghiera!". Involontaria mente egli le affidava la stessa missione che l’Immacolata le aveva già consegnato a Massabielle, quando attraverso di lei a tutti chiedeva: Conversione, penitenza, preghiera... Per tutta la sua vita la piccola veggente ubbidì a questa volontà, pregando nel nascondimento e sopportando tutto in unione alla passione di Cristo. Lo offriva, nella pace e nell’amore, per la conversione dei peccatori, secondo la volontà della Vergine. Durante i 13 anni che Bernardetta rimarrà a Saint-Gildard, sarà  aiuto infermiera, responsabile dell'infermeria, sacrestana, ma spesso ammalata lei stessa…A Nevers, in una vita umile e nascosta, porterà nel suo essere una profonda solidarietà con i più poveri. unita a Gesù che ha amato fino a donare la Sua propria vita, cercherà di tradurre in ogni suo gesto e in ogni sua parola, il desiderio del suo cuore. Spesso ammalata, nell' ultimo periodo della sua vita, Bernardetta trascorre lunghi giorni nell'infermeria Sainte Croix, prima di morire alla giovane età di 35 anni, stretta nella morsa di un male che si aggravava sempre più. Chi le viveva vicino descrive quanto "le sofferenze della sua ultima malattia fossero atroci. Il petto, sfinito, era di fuoco; le ossa del ginocchio erano rose da una carie divorante". A chi la confortava rispondeva con lo stesso sorriso che la illuminava durante gli incontri con la Madonna: "Maria è così bella che quanti la vedono vorrebbero morire per rivederla". Quando il dolore fisico si faceva più insopportabile, ella sospirava: "No, non cerco sollievo, ma soltanto la forza e la pazienza". Mercoledì 16 Aprile 1879, nella settimana di Pasqua, a metà pomeriggio, è "l'ora" in cui l'avventura di Bernardetta giunge a compimento. Come Gesù, essa affida la sua vita nelle mani di Dio la sua breve esistenza trascorsa dunque nell’umile accettazione di quella sofferenza, che serviva a riscattare tante anime bisognose di ritrovare libertà e salvez za. Una generosa risposta all’invito dell’Immacolata che le era apparsa e che le aveva parlato. Questa la sua storia: “ La prima volta che fui alla grotta era il giovedì 11 febbraio 1858. Andavo a raccogliere la legna con due altre ragazzine. Quando fummo al mulino io domandai loro se volevano vedere dove l'acqua del canale andava a congiungersi col Gave. Esse mi risposero di sì. Di là noi seguimmo il canale e ci trovammo davanti a una grotta, non potendo andare più lontano. Le mie due compagne si misero in condizione di attraversare l'acqua che era davanti alla grotta. Esse attraversarono l'acqua. Si misero a piangere. Domandai loro perché piangessero. Mi dissero che l'acqua era fredda. Io le pregai di aiutarmi a gettare delle pietre nell'acqua per vedere se potessi passare senza scalzarmi. Mi dissero di fare come loro, se volevo. Io andai un po' più lontano a vedere se potevo passare senza scalzarmi ma non potei. Allora ritornai davanti alla grotta e mi misi a scalzarmi. Avevo appena tolto la prima calza che sentii un rumore come se ci fosse stato un colpo di vento. Allora voltai la testa dalla parte del prato (dal lato opposto alla grotta). Vidi che gli alberi non si muovevano. Allora ho continuato a scalzarmi. Sentii ancora lo stesso rumore. Appena alzai la testa guardando la grotta, scorsi una signora in bianco. Aveva un vestito bianco, un velo bianco e una cintura azzurra e una rosa su ogni piede, del colore della catenella del suo rosario. Allora fui un po' impressionata. Credevo di sbagliarmi. Mi strofinai gli occhi. Guardai ancora e vidi sempre la stessa signora. Misi la mano in tasca; vi trovai il mio rosario. Volevo fare il segno della croce. Non potei arrivare con la mano fino alla fronte. La mano mi cadeva. Allora lo sbigottimento s'impadronì più fortemente di me. La mia mano tremava. Tuttavia non fuggii. La signora prese il rosario che teneva tra le mani e fece il segno della croce. Allora provai una seconda volta a farlo e potei. Appena ebbi fatto il segno di croce scomparve il grande sbigotti mento che provavo. Mi misi in ginocchio. Ho recitato il rosario in presenza di quella bella signora. La visione faceva scorrere i grani del suo, ma non muoveva le labbra. Quando ebbi finito il mio rosario, mi fece segno di avvicinarmi, ma non ho osato. Allora disparve all'improvviso. Mi misi a togliere l'altra calza per attraver sare quel po' d'acqua che si trovava davanti alla grotta (per andare a raggiungere le mie compagne) e ci siamo ritirate. Cammin facendo ho doman dato alle mie compagne se non avevano visto niente. - No - mi risposero. L'ho domandato loro ancora. Mi dissero che non avevano visto niente. Allora aggiunsero: - E tu hai visto qualcosa? Allora dissi loro: - Se non avete visto niente, neppure io. Credevo di essermi sbagliata. Ma ritornando, lungo la strada mi domandavano ciò che avevo visto. Ritorna vano sempre su quello. Io non volevo dirlo loro, ma mi hanno talmente pregata che mi sono decisa a dirlo: ma a condizione che non ne parlassero a nessuno. Mi promisero di mantenere il segreto. Ma appena arrivate a casa, niente di più urgente che dire ciò che avevo visto. Ecco per la prima volta. La seconda volta era la domenica seguente (14 febbraio 1858). Ci ritornai perché mi sentivo spinta interiormente. Mia madre mi aveva proibito di andarci. Dopo la messa cantata, le altre due ragazzine e io fummo ancora a chiederlo a mia madre. Non voleva. Mi diceva che temeva che cadessi nell'acqua. Temeva che non sarei tornata per assistere ai vespri. Le promisi di sì. Mi diede allora il permesso di andare. Fui alla parrocchia a prendere una bottiglia d'acqua benedetta per gettarla alla visione quando fossi alla grotta, se la vedevo. Arrivate là, ciascuna prese il suo rosario e ci mettemmo in ginocchio per dirlo. Avevo appena detto la prima decina che scorsi la stessa signora. Allora mi misi a gettarle l'acqua benedetta dicendole, se veniva da parte di Dio di restare, se no di andarsene; e mi affrettavo sempre a gettargliene. Si mise a sorridere, a inchinarsi e più io annaffiavo, più sorrideva e piegava la testa e più la vedevo fare quei segni... e allora presa da timore mi affrettavo ad aspergerla e lo feci finché la bottiglia fu terminata. Quando ebbi finito di recitare il mio rosario, scomparve. Ecco per la seconda volta. La terza volta, il giovedì seguente (18 febbraio 1858): vi furono alcune persone importanti che mi consigliarono di prendere della carta e dell'inchiostro e di domandarle, se aveva qualcosa da dirmi, di avere la bontà di metterlo per scritto. Ho detto le stesse parole alla signora. Si mise a sorridere e mi disse che ciò che aveva da dirmi non era necessario scriverlo, ma se volevo avere la compiacenza di andarci per quindici giorni. Le risposi di sì. Mi disse anche che non mi prometteva di farmi felice in questo mondo, ma nell'altro. Vi ritornai quindici giorni (dal 19 febbraio al 4 marzo). La visione apparve tutti i giorni ad eccezione di un lunedì e di un venerdì. Un giorno mi disse che dovevo andare a bere alla fontana. Non vedendola, andai al Gave. Mi disse che non era là. Mi fece segno col dito mostrandomi la fontana. Ci andai. Non vidi che un po' d'acqua che assomigliava a del fango. Vi portai la mano; non potei prenderne. Mi misi a scavare; poi potei prenderne. Per tre volte l'ho gettata. Alla quarta volta potei. Mi fece anche mangiare un'erba che si trovava dove io fui a bere (una volta solamente). Poi la visione scomparve e io mi ritirai. Il 2 marzo 1858 mi disse di andare a dire ai preti di far costruire là una cappella. Fui a trovare il signor curato per dirglielo. Mi guardò un momento e mi disse con un tono non molto gentile: - Che cosa è questa signora? Gli risposi che non lo sapevo. Poi m'incaricò di domandarle il suo nome. Il giorno dopo glielo chiesi. Ma ella non faceva che sorridere. Al ritorno fui dal signor curato e gli dissi che avevo fatto la commissione, ma che non avevo avuto altra risposta. Allora mi disse che si prendeva gioco di me e che farei bene a non più ritornarci; ma io non potevo impedirmi di andarci. Il 25 marzo 1858 ella mi ripeté più volte che dovevo dire ai preti che li si doveva fare una cappella e d'andare alla fontana per lavarmi e che dovevo pregare per la conversione dei peccatori. Nello spazio di questi quindici giorni mi diede tre segreti che mi proibì di dire. Sono stata fedele fino ad ora. Dopo i quindici giorni le ho domandato di nuovo chi fosse. Sorrideva sempre. Infine mi azzardai una quarta volta. Allora, tenendo le due braccia aperte, alzò gli occhi guardando il cielo, poi mi disse, giungendo le mani all'altezza del petto, che era l'Immacolata Concezione. Sono le ultime parole che mi ha rivolto. Aveva gli occhi azzurri… La prima domenica della quindicina, appena uscii dalla chiesa, una guardia mi prese per il cappuccio e mi ordinò di seguirla. La seguii e cammin facendo mi disse che stavano per buttarmi in prigione. Ascoltavo in silenzio e arrivammo così dal commissario di polizia. Mi fece passare in una camera dove era solo. Mi diede una sedia e mi sedetti. Prese poi della carta e mi disse di raccontargli ciò che era avvenuto alla grotta. Lo feci. Dopo aver messo alcune righe come io gliele avevo dettate, metteva altre cose che mi erano estranee. Poi mi disse che mi avrebbe fatto la lettura per vedere se si era sbagliato. E ciò che fece; ma aveva appena letto alcune righe che c'erano degli errori. Allora replicai: - Signore, non vi ho detto ciò! Allora andò in collera assicurando di si; e io ripetevo sempre di no. Queste discussioni durarono per alcuni minuti e quando vide che io persistevo a dirgli che si era sbagliato, che io non gli avevo detto ciò, andava un po' più lontano e ricominciava a leggere ciò di cui io non avevo mai parlato; e io a sostenere che non era così. Era sempre la stessa ripetizione. Sono restata là un'ora o un'ora mezzo. Di tanto in tanto sentivo delle pedate vicino alle porte e alle finestre e delle voci d'uomini che gridavano: - Se non la lasciate uscire, sfondiamo la porta. Quando venne il momento di andarmene, il commissario m'accompagnò, aprì la porta e là vidi mio padre che mi aspettava con impazienza e una folla di altra gente che mi aveva seguito dalla chiesa. Ecco per la prima volta che io fui obbligata a comparire davanti a questi signori.

La seconda volta, dal signor Procuratore Imperiale. Nella stessa settimana, egli mandò lo stesso agente facendomi dire di trovarmi alle sei dal Procuratore Imperiale. Mi recai con mia madre; mi domandò cos'era avvenuto alla grotta. Gli raccontai tutto e lo mise per scritto. Poi me ne fece la lettura come aveva fatto il commissario di polizia, aveva messo cioè certe cose che non gli avevo detto. Allora gli dissi: - Signore, non vi ho detto ciò! Sostenne di si; e per tutta risposta gli dissi di no. Infine, dopo aver abbastanza combattuto mi disse che si era sbagliato. Poi continuò la lettura; e faceva sempre nuovi errori dicendomi che aveva le carte del commissario e che non era la stessa cosa. Gli dicevo che gli avevo (ben) raccontato la stessa cosa e che se il commissario si era sbagliato tanto peggio per lui! Allora disse a sua moglie di mandare a cercare il commissario e una guardia per andare a farmi dormire in prigione. La mia povera mamma piangeva da un po' e mi guardava di tanto in tanto. Quando sentì che bisognava dormire in prigione le sue lacrime caddero con più abbondanza. Ma io la consolavo dicendole: - Siete ben buona a piangere perché andiamo in prigione! Non abbiamo fatto alcun torto a nessuno. Allora ci offrì delle sedie, al momento di partire, per attendere la risposta. Mia madre ne prese una perché era tutta tremante da quando eravamo là in piedi. Per me ringraziai il signor Procuratore é mi sedetti per terra come i sarti. C'erano degli uomini che guardavano da quella parte e quando videro che non uscivamo mai, si misero a battere alla porta, a pedate, benché ci fosse la guardia: non ne era il padrone. Il Procuratore usciva di tanto in tanto alla finestra per dir loro di fare piano. Gli si rispose di farci uscire, altrimenti non si finirebbe! Allora si decise a rimandarci e ci disse che il commissario non aveva tempo e che la cosa era rimandata a domani.